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Fallito il test su vaccino HIV

Fallito il vaccino sperimentale per HIV testato su 5407 persone in Sudafrica.

Lo annuncia dal sito di Science Glenda Gray, presidente del South African Medical Research Council, al termine della sperimentazione iniziata nel 2016 finanziata da MRC, l’Istituto nazionale americano per le allergie e le malattie infettive (NIAID) e la Fondazione Bill & Melinda Gates. Il vaccino HVTN 702 non protegge dunque dal virus HIV. Nei test era stato somministrato in 14 diverse zone del paese a uomini e donne tra i 18 e i 35 anni divisi in due gruppi: uno aveva ricevuto il vaccino mentre l’altro aveva ricevuto un placebo .

4 anni di sperimentazione in Sudafrica nonostante il dubbio fondato di molti scienziati che avevano visto già risultati scarsi in vaccini utilizzati nel sistema di potenziamento primario con solo uno studio di efficacia in Thailandia. Sembra quindi proprio che la Fondazione Bill e Melinda Gates abbia coscientemente investito su un vaccino destinato a fallire.

In quello studio, conclusosi nel 2009, le infezioni da HIV sono state 51 nel gruppo vaccinale e 74 nel gruppo placebo, con un’efficacia del 31% per questo vaccino invece ci sono stati 129 infezioni nel gruppo vaccinale e 123 nel gruppo placebo. Questo risultato conferma che non era un livello di protezione abbastanza alto da portare sul mercato il vaccino.

Ci siamo domandati se a queste persone sottoposte ai test fossero state fornite le giuste informazioni e che tipo di consenso informato sia stato loro concesso per aver donato la vita alla scienza.

Un paragrafo intitolato “Esperienze con consenso informato in Sudafrica” contenuto in “Consenso informato per la ricerca sulla cura dell’HIV in Sudafrica: questioni da considerare” infatti riporta:

“La convinzione che il consenso non sia volontario o in qualche modo collegato alle cure sta emergendo come un malinteso comune in quattro studi riportati. In una clinica prenatale, è stato riscontrato che il 93% dei partecipanti riteneva di non poter ritirarsi dallo studio e il 28% riteneva che non avrebbero ricevuto assistenza se non avessero partecipato allo studio . Questi risultati sono stati replicati in uno studio simile a Bloemfontein in cui il 24,2% riteneva di non poter ritirarsi in qualsiasi momento e il 92,3% riteneva che non avrebbero ricevuto una buona assistenza medica se si fossero ritirati dallo studio . Recentemente è stato dimostrato che la metà degli intervistati ritiene di non avere la possibilità di sottoporsi al test per l’HIV~AIDS, molti credono che l’accesso all’assistenza sanitaria dipenda dal loro consenso al test .

È quindi questa l’informativa che è arrivata a persone che hanno donato la loro vita alla sperimentazione clinica inconsapevolmente?

La questione è ancora più agghiacciante se aggiungiamo anche che lo studio Bloemfontein riporta come i partecipanti, nonostante avessero almeno 8 anni di istruzione, mancavano di una conoscenza di base della sperimentazione clinica e il loro consenso non poteva quindi essere considerato informato .

Ci viene da pensare quindi che queste persone erano già statisticamente destinate a subire un danno, per quale motivo?

Gray, a capo della sperimentazione afferma che, data la gravità dell’epidemia in Sudafrica (7,7 milioni dei 37,9 milioni di persone con infezione da HIV del mondo), lei e i suoi colleghi credevano che il nuovo studio potesse valesse la pena sperimentare. Su vite umane inconsapevoli, sottolineiamolo.

“L’epidemia è fuori controllo qui e dobbiamo prendere provvedimenti per un intervento biomedico”, dice Gray. Il direttore della NIAID Anthony Fauci afferma di non avere rimpianti per il sostegno allo studio. “Non credo sia stata una cattiva scelta. È stata l’unica scelta. ”

Adesso, col coronavirus alle porte e Bill Gates che ha già investito 100 milioni di dollari in Cina ed Africa per la ricerca di un vaccino ci chiediamo chi possa avere fede in una scienza che può fallire. Questo è stato solo uno dei casi e quindi ricordiamo a tutte le persone che nessuno può decidere sulla vostra pelle: pretendete e fate rispettare il consenso libero ed informato.

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GRAVE MALATTIA AUTOIMMUNE DA VACCINO ANTIDIFTOTETANICO: ASL CONDANNATA AL RISARCIMENTO DANNI PER RESPONSABILITÀ MEDICA (SENTENZA SEZIONE CIVILE TRIBUNALE DI PISTOIA N. 211 PUBBLICATA IL 27 FEBBRAIO 2020)

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07 GIU GRAVE MALATTIA AUTOIMMUNE DA VACCINO ANTIDIFTOTETANICO: ASL CONDANNATA AL RISARCIMENTO DANNI PER RESPONSABILITÀ MEDICA (SENTENZA SEZIONE CIVILE TRIBUNALE DI PISTOIA N. 211 PUBBLICATA IL 27 FEBBRAIO 2020)

Lo scorso Febbraio, la Sezione Civile del Tribunale di Pistoia condanna la ASL al risarcimento e a corrispondere un vitalizio per danni vaccinali.

Un dipendente di una ditta della zona, obbligato per motivi lavorativi alla vaccinazione antitetanica, viene sottoposto al vaccino diftavax antidiftotetanico senza alcun consenso informato.

Contrae una grave malattia autoimmune che gli causa un’invalidità civile del 75%.

Dopo aver ottenuto il riconoscimento di danno da vaccino ai sensi della Legge 210/92, il danneggiato chiede un risarcimento alla ASL.

Il Tribunale accerta le gravi responsabilità per aver somministrato un vaccino diverso rispetto a quello richiesto (antidiftotetanico anziché antitetanico) in assenza di consenso informato e condanna la ASL.

Di seguito, la sentenza.

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Repubblica Italiana

Tribunale di Pistoia

In Nome del Popolo Italiano

il giudice XXXXX ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa n. XXXXXX tra le parti:
 ******* con gli avv. **** ****

ATTORE

AZIENDA USL 3 PISTOIA con l’avv. ********

CONVENUTA

Decisa a Pistoia in data 18/02/2020 sulle seguenti conclusioni:

Attore: per l’accoglimento della propria domanda risarcitoria con reiezione delle contestazioni avversarie e condanna di parte convenuta al pagamento di euro 161.686,00 quale danno non patrimoniale o la diversa somma di giustizia oltre euro 100.000,00 quale danno morale o la diversa somma di giustizia, comunque non inferiore al 33% del danno complessivo, oltre alla somma di euro 14.331,99 per ogni anno di lavoro perso da parte dell’attore per non
 meno di anni 10 o la diversa somma di giustizia; con vittoria di spese, competenze e onorari e distrazione delle stesse in favore dei procuratori di parte attrice ex art. 93 c.p.c..

Convenuta: come da foglio di pc depositato in via telematica in data 15.5.2019 ossia, in tesi respingere la domanda attorea perché infondata in fatto e in diritto, con vittoria di spese e compensi e condanna alle spese di c.t.u.; in ipotesi e in via istruttoria, per il rinnovo della c.t.u. medica con affidamento dell’incarico ad un collegio composto da un medico -legale e da uno specialista nella disciplina, con specifica e pratica conoscenza della materia.

Con rigetto della domanda ex art. 96 c.p.c. avanzata da parte attrice perché infondata in fatto e in diritto, vinte le spese di giudizio e di c.t.u..

Fatto e diritto

Ricorre ex art. 702bis c.p.c. XXXXX chiedendo accertarsi la sussistenza del nesso causale tra la somministrazione del vaccino TD arbitrariamente effettuato dalla USL Pistoia e i danni da se medesimo patiti, accertarsi altresì il danno biologico e/o esistenziale e dichiarare la
 responsabilità della USL convenuta per i postumi e/o i danni tutti, psichici e fisici, patiti e patiendi nonché lavorativi riportati a seguito dell’evento in 
oggetto, con conseguente condanna della resistente Azienda USL 3 di Pistoia al pagamento in proprio favore della somma ritenuta di giustizia all’esito dell’istruttoria, oltre al danno morale e/o esistenziale da liquidarsi in via equitativa, oltre interessi e rivalutazione ” dalle singole scadenze al saldo “.

Rappresenta il ricorrente di essersi recato, in data 5.9.2008, presso la USL di Pistoia onde effettuare la vaccinazione antitetanica richiesta dal proprio datore
 di lavoro e di essere stato invece, in quell’occasione e senza il proprio
 preventivo consenso e la necessaria informativa, sottoposto anche a vaccinazione antidifterica che gli provocava da subito gravi conseguenze sulla salute ” con febbri alte, progressiva perdita di funzioni e, infine, impossibilità a lavorare “, con progressivo peggioramento delle proprie condizioni psico-fisiche oltre che umane e lavorative. Per tali motivi, rimasti senza esiti tentativi di conciliazione ante iudicium , lo stesso chiede alla USL il risarcimento di tutti i danni patiti a causa della vaccinazione eseguita erroneamente e in assenza di consenso. 
Si costituisce l’azienda convenuta, contestando le avverse pretese sia nell’an 
che nel quantum argomentando, in particolare, circa la correttezza dell’operato della USL e la mancanza di profili di responsabilità a carico della stessa, infine avanzando istanza per il mutamento del rito ex art. 702ter co. 3 c.p.c..
 Disposto il mutamento di rito e concessi i termini di cui all’art. 183 co. 6 
c.p.c., la causa è stata istruita a mezzo prove per testi e c.t.u. medico -legale e all’udienza del 29.10.2019 le parti hanno precisato le proprie conclusioni così come in epigrafe riportate, con assegnazione dei termini di legge per il deposito di scritti conclusivi.

 

A giudizio di questo Tribunale, la domanda risarcitoria di parte ricorrente XXXXX deve essere accolta, nei limiti e con le precisazioni di seguito esposti.

1.I. A livello di an , nell’ottica della valutazione in ordine alla sussistenza o meno di un’ipotesi di responsabilità civile da illecito a carico della USL convenuta, va osservato che la censura mossa dal ricorrente attiene 
all’avvenuta somministrazione di un vaccino non richiesto senza la previa acquisizione del consenso informato da parte del paziente.
 Ora, sotto un primo profilo, costituisce dato processualmente comprovato il 
fatto che per il XXXXX fosse stata richiesta, da parte del datore di lavoro, la 
sola vaccinazione antitetanica necessaria per lo svolgimento delle mansioni lavorative affidate al lavoratore: la circostanza è confermata dalla teste XXXX, medico del lavoro dell’Azienda XX presso la quale era stato assunto il XXXXX, la quale ha dichiarato come ” Per la qualifica per cui il Sig. XXXXX 
era stato assunto dalla XX il Protocollo sulla sicurezza dei luoghi di lavori prevedeva quale obbligatoria la vaccinazione antitetanica ed io la prescrissi all’attore. Non erano previste dal Protocollo altre vaccinazioni ed io non ne prescrissi ” (cfr. verbale udienza 24.1.2017).
 Sotto un secondo profilo, la stessa Azienda convenuta nonché, in sede di istruttoria, la teste XXX che ebbe ad effettuare il vaccino per cui è 
lite hanno affermato che il vaccino antidifterico somministrato al XXXXX era consigliato dal Calendario regionale sui vaccini in conformità al Piano 
Vaccinale Nazionale. Ciò significa, però, che il vaccino in questione non era obbligatorio e che dunque, essendosi in presenza di trattamento sanitario non obbligato, in ordine allo stesso era imprescindibile la preventiva acquisizione
 del consenso da parte del soggetto da vaccinare, aprendo così il campo a
 siffatta problematica denunciata con forza sin dal ricorso introduttivo del giudizio.
 Sotto un terzo profilo, occorre chiarire come non sia stata mossa alcuna contestazione alla modalità in sé della somministrazione, ovvero alla 
correttezza dell’operato dell’infermiera USL al di là della censurata scelta iniziale di optare per il vaccino combinato e alla parimenti corretta dose vaccinale iniettata, in conformità alle raccomandazioni di cui al Piano 
Nazionale e alle Direttive Regionali.

Invero, le doglianze di parte ricorrente si sono incentrate sulla mancanza di 
una preventiva adeguata informazione e acquisizione di consenso del paziente al trattamento sanitario nonché sulla mancanza di controlli o esami preventivi.
 In proposito, a livello generale deve rammentarsi come la necessaria previa opera informativa del paziente e la successiva acquisizione del consenso di costui si configura quale obbligazione di tipo contrattuale gravante sul personale medico, stante il c.d. contatto sociale instaurato tra medico e 
paziente all’atto della presa in cura di questi da parte del primo: pertanto,
 nella prospettiva dell’onere probatorio (e sulla scorta dei principi cardine espressi da Cass. S.U. n. 13533/2001 e successiva granitica giurisprudenza),
 a fronte di una allegazione di inadempimento da parte del paziente è onere
 della controparte (medico operante o Azienda Sanitaria di riferimento) dare compiuta prova dell’avvenuta regolare acquisizione di un consenso realmente informato, ossia dotato di tutti i requisiti al riguardo nel tempo individuati dall’elaborazione interpretativa in materia (cfr. Cass. n. 24074/2017, per cui
”In tema di attività medico -chirurgica, la manifestazione del consenso informato alla prestazione sanitaria costituisce esercizio di un diritto soggettivo del paziente all’autodeterminazione, cui corrisponde, da parte del medico, l’obbligo di fornire informazioni dettagliate sull’intervento da eseguire, con la conseguenza che, in caso di contestazione del paziente, grava sul medico l’onere di provare il corretto adempimento dell’obbligo informativo preventivo”).
 In quest’ottica, già solo la difformità delle dichiarazioni testimoniali assunte – senza che sussistano, a carico dei testi dell’una e dell’altra parte, elementi tali
 da farne ragionevolmente dubitare l’attendibilità – ridondano in danno della parte tenuta all’assolvimento dell’onere probatorio, ossia la convenuta USL.

Peraltro, la stessa documentazione versata in giudizio dà conto della mancata acquisizione di un consenso dotato dei crismi per potersi definire
 effettivamente “informato” a garanzia del diritto fondamentale alla libera determinazione del paziente in ambito sanitario.

Basti richiamare, in
 argomento, i più recenti arresti della Suprema Corte dai quali emerge come condizione basilare per la ricorrenza di un consenso ragionato e consapevole al trattamento sanitario da parte del paziente sia la sottoscrizione di informative dettagliate, specifiche per il trattamento da svolgere e tali da consentire la
 presa di conoscenza della natura e portata dell’intervento e dei suoi possibili rischi: fra le ultime pronunce sulla tematica, può citarsi Cass. n. 23328/2019
 (“In tema di attività medico-chirurgica, il consenso informato deve basarsi su informazioni dettagliate, idonee a fornire la piena conoscenza della natura, portata ed estensione dell’intervento medico-chirurgico, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative, non essendo 
all’uopo idonea la sottoscrizione, da parte del paziente, di un modulo del tutto generico, né rilevando, ai fini della completezza ed effettività del consenso, la qualità del paziente, che incide unicamente sulle modalità dell’informazione, da adattarsi al suo livello culturale mediante un linguaggio a lui comprensibile, secondo il suo stato soggettivo ed il grado delle conoscenze specifiche di cui dispone”), in continuità con Cass. n. 2177/2016, essendosi oltretutto specificato come la necessità di acquisizione del consenso informato in tema di attività medico-chirurgica sussista anche qualora la probabilità di verificazione dell’evento sia così scarsa da essere prossima al fortuito (ovvero così alta da renderne certo l’accadimento) e questo per la ragione che “la valutazione dei rischi appartiene al solo titolare del diritto esposto e il professionista o la struttura sanitaria non possono ometterle in base ad un mero calcolo statistico ” (in termini, Cass. n. 19731/2014).

Nella vicenda sub iudice , un consenso di tal fatta risulta assente: manca del tutto, a tacer d’altro, un qualsiasi foglio sottoscritto dal paziente, ritenendo la USL da un lato sufficiente una informazione meramente orale di questi e correlativa acquisizione orale del consenso in dispregio ai principi giurisprudenziali ormai consolidati appena citati, dall’altro lato di aver sufficientemente dimostrato l’adempimento del proprio obbligo al riguardo tramite la compilazione ad opera della stessa infermiera che somministrò il vaccino del solo modulo anamnestico pre-vaccinale (prodotto sub doc. 3 fasc. ricorrente): il quale tuttavia, oltre a non essere ancora una volta sottoscritto dal paziente ma dalla sola infermiera non essendo dunque allo stesso 
riferibile, attiene all’evidenza a profili e informazioni differenti da quelli relativi al tipo di vaccinazione da eseguire, ai possibili rischi e complicanze ecc. come richiesto da un reale consenso informato.

Accertata dunque la mancanza di un valido consenso del paziente allo
 specifico trattamento effettuato, sono da valutare le conseguenze ascrivibili a detta condotta inadempiente della USL nei suoi possibili risvolti risarcitori.

Al riguardo, sotto un primo aspetto si deve affermare – con la giurisprudenza
 di legittimità nei suoi più recenti pronunciamenti sulla tematica – che dalla lesione del diritto all’autodeterminazione insita nella sottoposizione ad un trattamento medico non consentito deriva, secondo l’ id quod plerumque accidit, “un danno-conseguenza autonomamente risarcibile – costituito dalla sofferenza e dalla contrazione della libertà di disporre di se stesso psichicamente e fisicamente – che non necessita di una specifica prova ” (così Cass. ord. n. 11749/2018), in quanto l’omessa acquisizione del consenso informato preventivo “determina la lesione in sé del diritto della libera determinazione del paziente, quale valore costituzionalmente protetto dagli artt. 32 e 13 Cost., quest’ultimo ricomprendente la libertà di decidere in ordine alla propria salute ed al proprio corpo, a prescindere quindi dalla presenza di conseguenze negative sul piano della salute, e dà luogo ad un danno non patrimoniale autonomamente risarcibile, ai sensi dell’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. ” (in termini, Cass. n. 17022/2018).

Sotto un secondo aspetto, è altresì possibile che, nella specifica vicenda sottoposta al vaglio giudiziale, la condotta illecita consistente nella mancata acquisizione del consenso informato sia idonea ad integrare l’antecedente logico-giuridico della lesione al diritto alla salute patita dal paziente. In questo caso, occorre che costui dia la prova del fatto che, ove correttamente informato, non avrebbe acconsentito all’effettuazione del trattamento medico subito. Del tutto condivisibili in proposito i principi, appunto di logica giuridica, nitidamente espressi da Cass. ord. n. 19199/2018, massimata nel senso che ” In materia di responsabilità sanitaria, l ‘inadempimento dell’obbligo di acquisire il consenso informato del paziente assume diversa rilevanza causale a seconda che sia dedotta la violazione del diritto all’autodeterminazione o la lesione del diritto alla salute posto che, se nel primo caso l’omessa o insufficiente informazione preventiva evidenzia ex se una relazione causale diretta con la compromissione dell’interesse all’autonoma valutazione dei rischi e dei benefici del trattamento sanitario, nel secondo l’incidenza eziologica del deficit informativo sul risultato pregiudizievole dell’atto terapeutico correttamente eseguito dipende dall’opzione che il paziente avrebbe esercitato se fosse stato adeguatamente informato ed è configurabile soltanto in caso di presunto dissenso, con la conseguenza che l’allegazione dei fatti dimostrativi di tale scelta costituisce parte integrante dell’onere della prova – che, in applicazione del criterio generale di cui all ‘art. 2697 c.c., grava sul danneggiato – del nesso eziologico tra inadempimento ed evento dannoso “. Ad ulteriore chiarimento, con successiva pronuncia n. 28985/2019 la Suprema Corte ha statuito (sempre in massima) che grava sul paziente “l’onere di provare il fatto positivo del rifiuto che egli avrebbe opposto al medico, tenuto conto che il presupposto della domanda risarcitoria è costituito dalla sua scelta soggettiva (criterio della cd. vicinanza della prova) ” precisandosi che “al riguardo la prova può essere fornita con ogni mezzo, ivi compresi il notorio, le massime di esperienza e le presunzioni “.

Nel caso concreto qui in esame , è da dirsi raggiunta per presunzioni la prova in ordine al c.d. giudizio controfattuale, desunta da significativi indici presuntivi consistenti, da un lato, nella mancata informativa specifica del paziente circa i rischi ricollegabili al vaccino somministrato e, dall’altro lato e soprattutto, dal fatto che tale tipo di vaccino non era quello prescritto dal proprio datore di lavoro: considerato infatti che il XXXXX si era recato alla ASL dietro prescrizione del medico aziendale, al solo fine di eseguire un vaccino ritenuto indispensabile per il tipo di mansioni lavorative affidategli, è da presumere secondo il criterio dell’ id quod plerumque accidit , richiamato dalla Cassazione citata, che lo stesso non avrebbe acconsentito all’effettuazione di un vaccino diverso e ulteriore semplicemente perché “raccomandato” dalle direttive sanitarie regionali, trattandosi di vaccino diverso da quello specificamente prescritto dal medico ed esorbitante dalla circoscritta esigenza vaccinale per la quale era stata invece richiesta l’antitetanica (anche la Cass . n. 28985/2019 cit. definisce come contrario all’ id quod plerumque accidit il discostamento del paziente dalle indicazioni terapeutiche del medico, nella specie rappresentate dalla specifica e limitata richiesta di vaccino formulata dal medico aziendale).

In forza di siffatti ragionamenti, risulta dimostrato il primo anello del nesso consequenziale tra mancata acquisizione del consenso e danni di cui viene chiesto il ristoro, restando da vagliare il secondo anello di tale catena causale ovvero l’effettiva derivazione dei danni alla salute dal vaccino “non acconsentito”.

Al riguardo, indubbia e adeguatamente comprovata dalla documentazione medica in atti nonché dalle indagini peritali la sussistenza di gravi pregiudizi alla salute del ricorrente sfociati nel riconoscimento di un’invalidità civile al 75% (cfr. doc. 9 fasc. ricorrente), quanto al rapporto di causalità fra tali evenienze ed il vaccino somministrato in data 5.9.2008 si profilano dirimenti le valutazioni rese dal c.t.u. all’esito di analisi invero approfondita, condotta nel pieno rispetto del contraddittorio peritale e dei crismi di scientificità, con studio preciso della casistica in esame alla luce della letteratura medica in materia dettagliatamente indicata dal c.t.u. nel proprio elaborato: pertanto, non si rinvengono motivi tali da dover disporre la rinnovazione della
 consulenza, come chiesto dalla parte convenuta, avendo peraltro il c.t.u.
 motivato le proprie conclusioni sulla base dei principi logici e giuridici sottesi
 alla responsabilità per danno non patrimoniale sub specie biologico, facendo corretta applicazione del criterio regolante la consequenzialità causale 
civilistica, del “più probabile che non”.
 Ebbene il consulente ha valutato che “secondo il criterio del più probabile che non, è lecito ritenere che la lesione dell’integrità psicofisica sia da mettere in nesso causale con il trattamento praticato “chiarendo, in risposta alle osservazioni critiche del c.t.p. di parte convenuta , che nel caso de quo
 risultano rispettati i criteri di positiva valutazione del nesso di causalità in
 sede medico-legale, ossia il criterio cronologico, il criterio topografico, il criterio della continuità fenomenica e il criterio di esclusione, stante l’insorgenza dei
 primi sintomi di malessere (febbre alta con immediato ricovero al PS) a breve distanza di ore dalla somministrazione vaccinale e non essendo stata 
evidenziata, né essendo emersa dagli atti e dall’indagine peritale circa la condizione di salute e la “storia medica” del XXXXX , alcun’altra causa in 
grado di giustificare la sindrome infiammatoria autoimmune post vaccinale 
(cfr. pag. 36 relazione c.t.u. in atti).
 Ancora in risposta alle note critiche dell’azienda convenuta circa il fatto che il morbo di Still, diagnosticato nel ricorrente, non rientra tra gli effetti collaterali verificati del vaccino antidifterico, merita evidenziare come il c.t.u. non abbia 
sul punto espresso una diagnosi precisa, rammentando anzi che siano state
 poste dai vari medici occupatisi del caso (le cui relazioni e osservazioni sono dettagliatamente riportate nell’elaborato peritale) diverse diagnosi circa lo stato 
di salute del XXXXX, ossia morbo di Still dell’adulto, febbre ricorrente di ndd, sindrome autoinfiammatoria ricorrente, sindrome ASIA (Autoimmune Inflammatory Sindrome Induced by Adiuvant) – sindrome identificante uno spettro di condizioni cliniche immunomediate da un agente adiuvante quali silicone, alluminio e vari altri che possono essere contenuti anche nei vaccini
(cfr. relazione YYYYY richiamata a pagg. 12 -13 e 23 -24 relazione c.t.u. in atti): concludendo nel senso che “Se è difficile inquadrare nosologicamente quale malattia affligge il signor  XXXXX, è certo che si è trattato, e si tratta, di una sindrome infiammatoria autoimmune, post vaccinale (Diftavax), accompagnata da febbri ricorrenti e mialgie, insorta immediatamente dopo la vaccinazione antidifterica ed antitetanica, a fronte di una richiesta del Medico Competente di vaccino antitetanico […] ” (pag. 25 relazione c.t.u.). Per concludere sul punto, si impongono due ulteriori considerazioni.
 Per un verso, a conforto della tesi sostenuta dal consulente d’ufficio in ordine alla sussistenza del nesso causale, non è irrilevante (come vorrebbe la convenuta) il richiamo alla valutazione resa dalla CMO in sede di delibazione circa la sussistenza del diritto all’indennità di cui alla l. n. 210/1992, riconosciuta al XXXXX: la stessa Cassazione infatti ha chiarito, in autorevole
 e assai noto pronunciamento a Sezioni Unite (n. 577/2008), la rilevanza di siffatta valutazione quale materiale indiziario soggetto al libero apprezzamento del giudice e da vagliare in uno alle altre emergenze processuali e prove acquisite in giudizio: alla luce di ciò, il fatto che nella vicenda in discorso i medici della CMO si siano espressi positivamente circa il nesso causale fra inoculo del vaccino e comparsa delle sequele autoimmuni è indice presuntivo importante a sostegno della bontà degli esiti della consulenza tecnica d’ufficio prevenuta a conclusioni del tutto analoghe nel senso del riconoscimento del nesso causale.

Per altro verso, non è assentibile la prospettazione di parte convenuta secondo la quale i danni patiti dal XXXXX non sarebbero ascrivibili alla USL in mancanza del requisito della prevedibilità degli stessi ai sensi dell’art. 1225 c.c.: la comparsa di conseguenze negative a seguito di trattamenti vaccinali è, infatti, dato assolutamente prevedibile non inficiato dalla differente gravità con cui dette conseguenze possono esprimersi ovvero dalla frequenza del loro manifestarsi . A ciò aggiungasi il fatto che, come indicato dal c.t.u. (con richiamo alla relazione YYYYY, dianzi citata) , le sindromi autoinfiammatorie ovvero l’insorgenza di malattie autoimmuni possono scaturire da agenti coadiuvanti contenuti anche nei vaccini, presumendosi – e dovendosi presumere – che un medico che somministra i vaccini sia a conoscenza delle possibili conseguenze derivanti dagli stessi. Sul punto può richiamarsi il principio espresso, in tema di accertamento del nesso causale tra danno e vaccinazioni (seppur nel diverso, ma analogo, ambito del riconoscimento dell’indennizzo ex l. n. 210/1992), da Cass. n. 25119/2017 per cui il criterio in base al quale valutare la sussistenza del nesso di causalità tra somministrazione vaccinale e danno alla salute è quello di “ragionevole probabilità scientifica ispirato al principio “del più probabile che non”, da ancorarsi non esclusivamente alla determinazione quantitativo-statistica delle frequenze di classe di eventi (c.d. probabilità quantitativa), ma riconducendone il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (c.d. probabilità logica) “, ivi compresa l’esclusione di possibili fattori alternativi (cfr. in senso più generale Cass. ord. n. 23197/2018).

Quanto poi alla riferibilità dei sintomi patologici manifestatisi nel ricorrente alla specifica tipologia di vaccino eseguito piuttosto che (o anche, in ipotesi) a quello originariamente prescritto, è l’intero elaborato peritale a darne contezza, avendo peraltro il c.t.u. precisato la differenza qualitativa e quantitativa fra i due inoculi (cfr. pagg. 14 -15 relazione c.t.u.) e chiarito che il XXXXX doveva essere sottoposto a vaccinazione antitetanica come previsto dalla l. n. 
626/1994 per poter svolger il proprio lavoro e che la scelta di effettuare il vaccino combinato “non è stata conforme alla necessità della situazione clinica per cui la vaccinazione era richiesta” (cfr. pag. 27 relazione c.t.u.).
 Alla luce di quanto esposto, risulta dunque dimostrata la responsabilità
 dell’Azienda sanitaria per i danni post-vaccinali subiti dal ricorrente.

II.2. Venendo al quantum della richiesta risarcitoria e analizzando in dettaglio le singole voce di danno, si osserva:
 a) danno biologico: il c.t.u., dalle cui valutazioni non v’è motivo di discostarsi anche in virtù di quanto sopra detto circa la bontà dell’indagine peritale, ha stimato la sussistenza di postumi permanenti nella misura del 25%, oltre ad 
un danno biologico temporaneo assoluto di 60 giorni, parziale di 60 giorni al 75% ed altri 60 giorni a l 50%: in applicazione delle tabelle milanesi, che consentono uniformità di liquidazione a livello nazionale, ciò si traduce in termini monetari nell’importo di euro 124.018,00 (di euro 110.788,00 per invalidità permanente). 
Quanto al danno morale di cui parte ricorrente ha chiesto la liquidazione in
 via equitativa, occorre in primis ricordare come lo stesso non sia liquidabile quale voce autonoma di danno bensì quale percentuale aggiuntiva del danno biologico (senza ripercorrere in questa sede la notissima evoluzione giurisprudenziale sviluppatasi in materia, è sufficiente puntualizzare come a seguito delle Sezioni Unite n. 26972/2008, pur essendo stata sancita 
l’unitarietà del danno non patrimoniale onde evitare la duplicazione di voci di danno derivante dal pregresso sistema di “scomposizione” dello stesso -danno morale, biologico, esistenziale – dette ulteriori voci non sono state “cancellate” per ritenuta loro inesistenza ontologica, bensì sono state ricomprese nell’unico 
e onnicomprensivo danno non patrimoniale all’interno del quale continuano ad avere spazio, quali “declinazioni”, da valutarsi caso per caso, del danno c.d. biologico, i medesimi pregiudizi prima singolarmente considerati ): tale sistema , della c.d. personalizzazione del danno , consente di offrire ristoro a pregiudizi particolari ed eccedenti le conseguenze ordinariamente riconducibili ad un danno biologico quale quello nello specifico riconosciuto e liquidato, con valutazione lasciata alla discrezionalità del giudice e rimessa per lo più a criteri equitativi purché supportata da adeguata motivazione con riferimento alle peculiarità del singolo caso concreto e alle risultanze dell’istruttoria processuale svolta e purché degli ulteriori specifici pregiudizi asseritamente subiti dal danneggiato sia fornito adeguato supporto probatorio (cfr., in tema di personalizzazione del danno, copiosissima giurisprudenza fra cui, solo per citare talune fra le pronunce più recenti, Cass. n. 21939/2017, Cass. n. 3505/2016, Cass. n. 16197/2015, Cass. n. 12594/2015, Cass. n. 12211/2015, Cass. n. 9320/2015, Cass. n. 5243/2014, Cass. n. 1361/2014, 
Cass. n. 21716/2013, Cass. n. 17161/2012, Cass. n. 9238/2011 et al.).

Con riferimento alla vicenda di causa, invero, tale conforto probatorio risulta per certi aspetti carente, avendo il ricorrente solo allegato senza darne dimostrazione le conseguenze tragiche che il danno alla salute subito a causa del vaccino ha avuto nella propria vita lavorativa e familiare: a quest’ultimo proposito risulta peraltro, ed è lo stesso ricorrente che al fine ne dà atto, come 
lo stesso invero attualmente viva con una compagna dalla quale ha avuto un figlio e che è la medesima “amica” (così qualificata dal ricorrente) sentita come teste che aveva accompagnato all’epoca dei fatti il XXXXX presso la USL a chiedere informazioni sul vaccino subito. Dunque, per un verso la vita personale del XXXXX anche dal punto di vista affettivo non ha subito una deprivazione definitiva, per altro verso non è stato dimostrato alcun nesso causale fra conseguenze del vaccino e separazione dalla moglie.

Quanto alla perdita del lavoro, da un lato il c.t.u. ha ritenuto sussistere per la particolare attività lavorativa una riduzione della capacità lavorativa specifica pari al 50% per la cui quantificazione appare congrua e accoglibile, siccome redatta in conformità a criteri di legge come indicato dall’ultima giurisprudenza sul punto (cfr. Cass. n. 16913/2019), la somma indicata in sede conclusionale da parte ricorrente, pari a una rendita vitalizia per euro 1.194,33 mensili decorrenti dalla data della domanda. Dall’altro lato, per contro, nulla è da riconoscere a titolo di danno morale con riferimento al settore lavorativo, non solo e non tanto perché ciò rischia di determinare una duplicazione di voci di danno rispetto a quanto liquidato per perdita della capacità lavorativa specifica, ma anche perché non sussiste prova in atti del fatto che la perdita del lavoro, avvenuta diverso tempo dopo l’evento vaccinale per cui è lite, sia causalmente ricollegata al lo stato di salute del XXXXX: ché anzi, dalla stessa documentazione versata dal ricorrente risulta come costui
 sia stato licenziato per giustificato motivo oggetto dovuto ad esubero di personale e non a problemi di salute scaturiti dal vaccino indebito.
 Piuttosto, a concorrere nel configurare il c.d. danno morale nel caso di specie sono i riflessi sulla vita quotidiana del danneggiato a motivo della sue condizioni di salute, come emergenti dalle dettagliate descrizioni del c.t.u. nonché dall’avvenuto riconoscimento di un’invalidità civile al 75%: aspetti, questi, che non si esauriscono nel danno biologico strettamente inteso, ma sono idonei a determinare importanti cambi di abitudini e stili di vita, indubbi qualora si debba convivere con febbri continue, mialgie, frequenti ricoveri. Considerato tutto quanto sopra (cambio radicale in peius della vita quotidiana del paziente che, tuttavia, non ha impedito allo stesso di coltivare relazioni personali anche costituendo un nuovo nucleo familiare) e atteso che la c.d. personalizzazione del danno, canale di riconoscimento del danno morale, si esprime in percentuale rispetto al danno biologico strettamente inteso con un aumento massimo – in ipotesi quale quella in esame, come da tabelle di
 Milano richiamate – del 34%, pare congruo riconoscere nel caso in discorso una personalizzazione pari al 20% .

Evidentemente non accoglibile, per quanto sin qui detto circa la liquidazione del danno morale che avviene tramite c.d. personalizzazione del danno biologico, la richiesta di parte ricorrente di liquidazione di un’ulteriore somma a tal titolo indicata nell’importo di euro 100.000,00 e rimessa, in ogni caso,
 alla valutazione equitativa del giudice: dopo che, peraltro, la stessa parte ricorrente aveva già operato una personalizzazione (nella misura massima) del danno biologico, oltre la quale (cfr. giurisprudenza citata supra) null’altro è liquidabile a titolo di danno non patrimoniale.
 Sulla cifra così complessivamente risultante (danno biologico: euro 124.018,00; danno biologico personalizzato: euro 148.821,60; danno da capacità lavorativa specifica pari a euro 14.331,99 annuali per la parte di
 danno calcolata a far data dalla domanda giudiziale sino alla data della presenta pronuncia) , trattandosi di credito di valore, vanno poi calcolati la rivalutazione monetaria e gli interessi in base ai criteri sanciti da Cass. S.U. n. 1712/1995, ossia previa devalutazione della somma alla data del verificarsi del danno (ovvero, per quanto riguarda il danno da perdita di capacità lavorativa specifica, dalla data della domanda giudiziale) , e con successiva rivalutazione della stessa alla data della presente pronuncia con applicazione degli interessi legali sulla somma anno per anno rivalutata: dalla data di deposito della sentenza, su tale somma – divenuta, a seguito della liquidazione giudiziale, credito di valuta – andranno applicati i soli interessi legali fino alla data dell’effettivo soddisfo.

III. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano , come in dispositivo , a mente del DM 55/2014 in base al valore della lite come risultante dal
 decisum e considerata la consistenza dell’attività processuale svolta. A carico della convenuta soccombente vanno altresì poste integralmente le spese di c.t.u., già liquidate con separata ordinanza , nonché le spese di c.t.p. sostenute da parte ricorrente 
 Non sussistono, per contro, ragioni valide per disporre l’ulteriore condanna della USL ai sensi dell’art. 96 c.p.c., non ravvisandosi alcuna condotta processualmente illecita nel contegno difensivo dalla stessa tenuto in una vicenda controversa, nella quale l’accertamento definitivo della fondatezza della domanda risarcitoria spiegata dal paziente ha richiesto indagini approfondite e complesse, anche e soprattutto a livello medico-scientifico.

 

P. Q. M.

Il Tribunale di Pistoia in composizione monocratica , definitivamente pronunciando, ogni contraria o diversa istanza ed eccezione disattesa, così provvede:

1) in accoglimento della domanda di parte ricorrente, accertata la responsabilità di parte convenuta Azienda USL 3 Pistoia nella causazione dei danni occorsi al ricorrente a seguito degli eventi descritti in parte motiva (nel la specie, vaccinazione antidifterica eseguita in data 5.9.2008), condanna la convenuta Azienda USL 3 Pistoia al risarcimento, in favore di parte ricorrente XXXXX, del danno biologico personalizzato nella misura di euro 148.821,60 nonché del danno da perdita di capacità lavorativa specifica 
tramite corresponsione di una rendita vitalizia per l’importo di euro 1.194,33 mensili; il tutto oltre rivalutazione e interessi sino alla data della presente pronuncia, come specificato in parte motiva (par. II. 2).

 

VACCINO ANTINFLUENZALE E COVID-19

In queste settimane la FIMP (Federazione Italiana Medici Pediatri) ha suggerito al Governo di inserire una forte raccomandazione per la vaccinazione antinfluenzale per i bambini definendolo “L’unico modo sicuro per far tornare i bambini tra i banchi di scuola”. Idea subito ripresa da alcuni Presidenti di Regione come De Luca (Campania) che suggerisce “vaccino antinfluenzale obbligatorio per docenti e studenti” perché “l’epidemia di influenza ha una sintomatologia sovrapponibile al Covid”. In questi giorni inoltre è stata presentata una mozione per sollecitare il governo ad introdurre obbligo di vaccino antinfluenzale per gli over 60 da Forza Italia per “rendere più agevole la certezza della diagnosi in relazione al Covid-19”.

La capogruppo Gelmini ci ricorda infatti che “Nei mesi di febbraio e marzo, quando è scoppiata l’emergenza, avevamo da contrastare anche il picco della normale influenza stagionale, e questo ha causato numerosi problemi nel combattere il Coronavirus” mentre il collega Mandelli tiene a precisare che “I vaccini sarebbero assolutamente gratuiti e potrebbero essere fatti anche presso le farmacie.” Ovviamente il fatto che l’Onorevole Mandelli sia anche il Presidente della Federazione Ordini Farmacisti Italiani per noi è una pura casualità, ma ci aspettiamo dal Parlamento, che discuterà la mozione in questi giorni, che almeno approfondisca se questa parte possa generare un conflitto di interessi. Inoltre, come ribadiamo sempre quando si parla di gratuità, ricordiamo che il fatto che il vaccino venga somministrato in modo gratuito implica che i (pochi) soldi a disposizione della sanità nel nostro paese siano dirottati nell’acquisto del vaccino. Niente è gratuito e se ci sarà un aumento della spesa sanitaria per l’acquisto del vaccino (in quanto obbligatorio i cittadini dovranno poterlo ricevere senza pagare) sicuramente in qualche altro settore ci saranno dei risparmi con conseguenze impronosticabili. Evidentemente nei “numerosi problemi” citati dagli Onorevoli non rientrano i soldi spesi male in campo sanitario pensando che la vaccinazione a tappeto possa risolvere la carenza di posti letto o di personale sanitario.

Ma qual è l’efficacia del vaccino antinfluenzale?

Secondo il CDC USA per la stagione 2019-2020 è stata del 45% mentre nel 2017-2018 fu mediamente del 36%. A questo punto ci chiediamo che fondamento abbia la dichiarazione che ha fatto il Presidente della Regione Lazio Zingaretti giustificando la sua ordinanza sull’obbligo del vaccino antinfluenzale istituito poche settimane fa: “Il vaccino obbligatorio, per le persone a rischio, permetterebbe una diagnosi precoce del Covid-19, perché si esclude il sintomo dell’influenza stagionale normale”.

Quale aiuto nella “diagnosi precoce” di coronavirus garantirebbe un vaccino che ha un’efficacia fra il 36 e il 45%? Davvero si vuol far credere che un medico serio e preparato baserebbe la diagnosi di un paziente sul fatto che sia vaccinato o meno per l’influenza?

Riportiamo anche uno studio relativo alla stagione 2016-17 pubblicato sul sito dell’Istituto superiore di sanità dove sono stati seguite 64.854 persone di cui 30.456 senza vaccino antinfluenzale e 34.398 vaccinate. Nella tabella riepilogativa si può notare come l’incidenza fra le 611 persone che sono state ospedalizzate e le 116 che sono morte durante la stagione analizzata la percentuale sia più alta fra il campione vaccinato (35.5% contro 64.4% per gli ospedalizzati e 37.9% contro 62.1% nei morti). Pensare che un vaccino di scarsa efficacia contro la malattia da cui dovrebbe proteggere sia addirittura utile per un’altra malattia è una follia.

Per quanto riguarda l’invito della FIMP sulla vaccinazione ai bambini ricordiamo che al 27 Maggio secondo l’Istituto superiore di sanità i casi di malattia fra 0 e 18 anni sono il 2.1% del totale. Davvero la Federazione dei medici pediatri vuole dirci che con un’incidenza di solo il 2.1% abbia qualche utilità vaccinare a tappeto tutti i minori di 16 anni (la meno colpita dal coronavirus Covid-19) per eliminare dubbi nella diagnosi o sovraccaricare il sistema sanitario?

Sempre nel rapporto prodotto dall’Istituto superiore di sanità si evidenzia come il 60% dei casi sia avvenuta nelle RSA , per cui risulta davvero incomprensibile l’accanimento da parte della politica e delle task force nei confronti dei bambini e della scuola. Oggi è stato ufficializzato che anche il campionato di calcio potrà ripartire già nel mese di Giugno, incomprensibile come si ritenga più sicura una partita di calcio con continui contatti fisici e non una scuola di bambini fra oltre tre mesi nonostante il calo dei contagi sia continuo da settimane.

Come al solito classe politica e rappresentanti dei medici non perdono occasione per seminare panico per giustificare nuovi obblighi e ricatti soprattutto sulla pelle dei bambini. Stranamente, ma ci auguriamo che il Ministero e la FIMP provvedano quanto prima, nessun accenno sul legame fra carenza di Vitamina D e infezioni alle vie acute respiratorie. Sul sito dell’Istituto superiore di sanità infatti lo scorso 21 maggio è stato pubblicato un articolo che evidenzia come “attualmente sono in corso numerosi trial clinici, ad esempio negli USA, che mirano a testare l’integrazione di Vitamina D nei pazienti con Covid-19 […]” perché diversi studi hanno dimostrato un “potenziale impatto benefico dell’integrazione di Vitamina D contro le infezioni acute delle vie respiratorie”.

Siamo consapevoli che non sia la vitamina D la cura per il coronavirus, ma di sicuro quando sentiamo parlare di prevenzione è inspiegabile come ci si riconduca solo al vaccino da parte di chi dovrebbe avere a cuore la salute dei nostri figli. Perché nel dubbio che possa essere comunque utile a rinforzare il sistema immunitario dei bambini i pediatri non raccomandano l’assunzione di vitamina D?

Oppure in tema di prevenzione perché gli Onorevoli Gelmini e Mandelli non raccomandano agli over 60, a cui vorrebbero imporre una vaccinazione obbligatoria, di smettere di fumare? Eppure sul sito del Ministero della Salute viene riportata una comunicazione dell’Istituto superiore di sanità nel quale si specifica che “chi fuma ha il rischio di sviluppare polmonite severa da Covid-19 almeno tre volte superiore rispetto ai non fumatori”. Ma d’altronde da un Governo che in pieno lockdown ha chiuso i parchi e proibito attività motoria ma ha lasciato aperti i tabaccai e considerato una necessità uscire per andare a comprare le sigarette, ma non una passeggiata all’aria aperta ai bambini, non potremmo aspettarci di meglio.

Il panico e il caos generato dal coronavirus Covid-19 ancora una volta sono il pretesto per introdurre nuovi obblighi ingiustificati. Con il forte calo dei contagi adesso il nuovo motivo per spaventare e ricattare le persone è “la seconda ondata che ci sarà nel prossimo autunno”. E questo nonostante numerosi medici di tutto il Mondo ipotizzino che non ci sarà nessuna seconda ondata nel prossimo autunno oppure che potrebbe esserci ma in modo molto meno aggressivo per la mutazione del virus.

Le opinioni di medici ed esperti cambiano continuamente, in questi 4 mesi abbiamo assistito a dichiarazioni in continua contrapposizione ribadendo quindi di come si proceda per tentativi. Ma in tutto questo è inaccettabile che la politica e i rappresentanti dei medici approfittino per introdurre nuovi obblighi vaccinali e per ribadire che il vaccino sia il miglior modo di prevenire malattie e problemi al sistema sanitario nazionale. Ancora una volta poi è assurdo che sia la scuola l’ambiente ritenuto più pericoloso da parte dei pediatri per sbandierare necessità di vaccinazioni a tappeto di scarsa efficacia e su una popolazione che, dati alla mano, è la meno colpita dal coronavirus.

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VACCINO ANTINFLUENZALE ED OBBLIGHI…. LA SCELTA GIUSTA?

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VACCINO ANTINFLUENZALE ED OBBLIGHI…. LA SCELTA GIUSTA?

È notizia del 17 Aprile scorso l’ordinanza della Regione Lazio che obbligherà dal prossimo 15 Settembre 2020 la vaccinazione antinfluenzale e pneumococcica per tutti gli over 65 anni e il personale sanitario.

Il motivo è: “accogliere l’appello lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per ridurre i fattori confondenti per il COVID-19 in presenza di sintomi analoghi”.

Ma davvero il vaccino antinfluenzale riduce i fattori confondenti di tutte quelle sintomatologie influenzali e parainfluenzali che “possono sembrare” COVID-19?

Seguendo il rapporto americano CDC dello scorso Febbraio 2020 la stima dell’efficacia del vaccino stagionale basato sui casi confermati in laboratorio è stata del 45%, ovvero circa 1 volta su 2 il vaccino HA FALLITO, non ha protetto il soggetto vaccinato.

Efficacia stimata del 45$

Ma quanti sono stati i casi di infezione acute in totale? Come sappiamo bene, infatti, oltre ai ceppi previsti nel vaccino influenzale esistono moltissime forme parainfluenzali che non sono coperte dal vaccino. Il rapporto CDC in una tabella riepilogativa nello studio riporta questi numeri su circa 4.000 casi:

26% test positivi al virus influenzale

74% test negativi al virus influenzale

Risultato dei test su soggetti con infezioni respiratorie acute

Quindi i casi di infezione acuta dovuti a influenza sono stati solo il 26% del totale di cui il 50% su soggetti vaccinati.

L’efficacia stimata del 45% è addirittura più alta di quanto venne riscontrato nel 2018 quando, come riporta uno studio pubblicato su vaccinarsi.org tratto dal CDC di Atlanta, l’efficacia generale del vaccino era addirittura più bassa: 36%. Dati i tagli alla sanità degli ultimi 10 anni vale la pena investire su vaccini di bassa efficacia come quello antinfluenzale solo per diminuire il rischio di diagnosi sbagliate?

Ricordiamo che molte persone asintomatiche al coronavirus sono risultate positive al tampone, quindi rileviamo la mossa di Zingaretti ancora più inefficiente ed inutilmente dispendiosa. Ogni anno sui giornali leggiamo di come, nonostante abbiano ricevuto il vaccino antinfluenzale, molte persone si ammalino proprio a causa dell’elevato numero di ceppi influenzali (e parainfluenzali) che circolano nell’aria NON coperti dal vaccino. Il rischio è proprio di ottenere l’effetto opposto: un paziente vaccinato per influenza si ammala e viene curato con i protocolli sperimentali di coronavirus confidando nell’efficacia al 100% del vaccino. Chi ha stimato il danno che si potrebbe causare per l’errata diagnosi dovuta alla falsa idea di protezione?

Nel 2018 l’efficacia era del 36%

La Regione Lazio, quindi, seguendo le indicazioni di OMS pensa di ridurre i “fattori confondenti” con questa efficacia? E quale costo per la salute dei cittadini?

Le sentenze che indennizzano DANNI da vaccino antinfluenzale sono numerose, e vorremmo che chi pone obblighi indiscriminati se lo ricordasse e lo scrivesse nero su bianco nelle comunicazioni istituzionali. A titolo di esempio citiamo una sentenza del Tribunale di Milano del 2019 che riconosce indennizzo ai sensi della legge 210/1992 ad una donna che ha contratto la sindrome di Guillain-Barrè.

Danni da vaccino Legge 210/1992

Lo ripetiamo ancora una volta: la vaccinazione NON corrisponde sempre a immunizzazione. Gli obblighi indiscriminati quindi non servono, perché il cittadino obbligato corre un rischio solo PER UN’IPOTETICA protezione.  Ancora più assurdo in questo caso perché addirittura non si parla di protezione da una malattia, ma di una vaccinazione obbligatoria (anzi due!) imposta solo per ridurre il rischio di errata diagnosi da parte dei medici.

Sperando che questa ordinanza della Regione Lazio non venga presa a modello da altre Regioni, invitiamo tutti i cittadini a informarsi, a chiedere maggiori informazioni su questi dati al proprio medico di fiducia e, soprattutto, a far valere sempre il CONSENSO INFORMATO.

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IL VACCINO LA SOLUZIONE A TUTTI I PROBLEMI?

La quarantena forzata che stiamo vivendo sta violando il “benessere mentale e sociale” globale, benessere inteso dalla OMS sia fisico, che mentale e sociale.

Ormai da mesi l’unico messaggio del Governo italiano è: #stateacasa. Così, mentre altri Paesi vicino a noi hanno adottato provvedimenti di restrizione molto più leggeri e brevi, gli italiani stanno subendo decreti, circolari e modelli di autocertificazione scalfendo così benessere sociale e mentale, bombardati mediaticamente da video e notizie montate ad hoc sui “pericolosi runner italiani” che continuano a fregarsene delle regole. Divide et impera.

Solita strategia usata anni fa per estendere l’obbligo vaccinale: c’è un problema (dimenticando il grande impatto sul numero di casi di malattia della cattiva gestione di OMS e dei tagli indiscriminati alla sanità), si scarica sui cittadini la colpa, infine si creano fazioni “buoni” contro “cattivi” e con questa motivazione si colpiscono diritti costituzionali e di buon senso. Una privazione per giustificare una protezione. Nel 2017 la privazione gravò sul diritto di accesso scolastico dei minori fino a 6 anni, un vero e proprio ricatto vaccinale: o fai 10 vaccini o sei fuori. Walter Ricciardi, allora Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità e adesso membro OMS, confermò un piano vaccinale obbligatorio deciso della Global Health Security Agenda (GHSA) con il Ministro Lorenzin e il Presidente degli Stati Uniti Obama nel 2014. Ruolo di “capofila delle strategie vaccinali” del nostro Paese che ci ha visto sperimentare in prima linea un obbligo vaccinale esteso senza precedenti nel Mondo. Oggi, invece, è l’emergenza coronavirus COVID-19. Quale sarà la nuova privazione visto che l’UE sta già pensando come regolamentare la geolocalizzazione ed il GAVI ha già investito sull’evento ID2020 pochi mesi fa?

Prima che qualcuno ci accusi di negazionismo diciamo subito che il problema coronavirus c’è e, da parte nostra, esprimiamo massima solidarietà a chi ogni giorno combatte mettendo a rischio la propria vita per ridurre al minimo l’impatto su di noi e i nostri cari. Da chi invece, come il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ha responsabilità politiche ci aspettiamo messaggi diversi da quelli lanciati pochi giorni fa su Facebook in cui, in 21 righe, ha nominato la parola vaccino 6 volte per legarla al “tornare alla normalità”.

Post del Ministro Luigi Di Maio

Nel post nessuna parola su una cura, perché a quanto pare per tornare alla normalità non si può sperare che per questo virus ci sia una cura o, meglio ancora, che l‘epidemia termini da sola in 70 giorni come sostiene il nuovo studio fatto in Israele.

“Non possiamo sperare nella normalità senza un vaccino” dice lo “scienziato” Di Maio. Poco importa se dopo innumerevoli decreti del Presidente del Consiglio ancora nessuno ci sa dire se i tamponi sono attendibili o no, se i prelievi del sangue a cui alcune regioni stanno lavorando siano ritenuti validi o no, se chi ha contratto la malattia sviluppa un’immunità permanente o no. Nei nostri articoli mettiamo sempre le fonti delle notizie, perché non abbiamo la pretesa di avere la verità in tasca ma di sicuro possiamo scrivere pubblicamente che su questo virus la scienza brancola nel buio. Ma non è la prima volta, del resto. Negli anni abbiamo vissuto allarmi di epidemie e pandemie poi sparite spontaneamente con centinaia di milioni di Euro buttati anche dall’Italia. Ad esempio le 24 milioni di dosi di vaccino H1N1 inutilizzate del 2014, sarebbe stato più opportuno, a nostro avviso, usare quei soldi per invertire la tendenza dei tagli di spesa pubblica alla sanità degli ultimi 10 anni. Una carenza strutturale che ha bloccato l’Italia, con la corsa ai ripari in emergenza cercando di potenziare in fretta e furia gli ospedali supportata in solidarietà anche da alcuni lontani Paesi.

Soldi buttati per il vaccino H1N1 nel 2014

Eppure nel post il Ministro Di Maio richiama “una Grande Alleanza Internazionale per il vaccino”. Nessuna parola sul fatto che intorno a noi gli Stati Uniti abbiano sospeso i fondi all’OMS per la pessima gestione della vicenda, strategia che a breve sarà seguita anche dal Regno Unito e non escludiamo che altri Paesi tipo Israele per questioni precedenti si accodino. Dal Ministro degli Esteri ci aspettiamo una visione globale della vicenda, non uno spot alla IRBM di Pomezia che, come ci ricorda il Ministro “a fine Aprile inizierà la sperimentazione del suo lavoro”.

Tranquillizziamo il Ministro Di Maio, la Grande Alleanza per il Vaccino esiste già e si chiama proprio GAVI , la legge Lorenzin 119 ne è una delle prove purtroppo per i nostri bambini.

Siamo le cavie di questo grande gioco di ruolo mondiale, e noi lo abbiamo imparato sulla nostra pelle visto che negli ultimi 3 anni decine di migliaia di bambini sani sono stati sbattuti fuori dalle scuole per una legge che il suo partito, nel 2017, aveva dichiarato sbagliata e incostituzionale. 3 anni dopo colui che rappresentava una delle forze politiche contrarie all’obbligo vaccinale inneggia al vaccino come l’unica arma che abbiamo per “il ritorno alla normalità”. Ma siamo qui, vi osserviamo e siamo pronti a seminare spirito critico adesso più che mai.

Ci conforta il tenore dei commenti su questa sperimentazione del (presunto) vaccino della IRBM di Pomezia che, secondo il comunicato, andrebbe sperimentato su personale sanitario e forze militari. Il sindacato dei militari ha già espresso “preoccupazione” sulla notizia e ricordato di come la Commissione Parlamentare sull’uranio impoverito abbia stabilito che “il mancato rispetto dei protocolli vaccinali sia stata la possibile causa, o concausa, dello sviluppo di patologie gravemente invalidanti o addirittura mortali“.

No ai vaccini obbligatori e alle sperimentazioni

Per maggiori informazioni consigliamo a tutti di leggere i risultati dei lavori della Commissione e al Ministro Di Maio di chiedere all’ex Ministro della Salute Grillo un parere visto che ne faceva parte da Onorevole.

Ricordiamo, tra l’altro, che nelle conclusioni della commissione si consigliava di analizzare i prodotti vaccinali, ma lo Stato Italiano ha ignorato quella raccomandazione. Lo ha fatto un’associazione che lotta come noi ogni giorno per la libertà di scelta vaccinale, Corvelva, a cui va il nostro pubblico ringraziamento per il grandissimo lavoro svolto ricordando che pochi giorni fa è uscita la prima pubblicazione peer review sulla metodica delle analisi. Le mancate risposte di AIFA ed EMA adesso non hanno scuse, ciò che le analisi hanno rilevato nei vaccini richiedono risposte ufficiali.

I vaccini sono uno strumento di sanità pubblica ma ci rifiutiamo di associarli a una soluzione “per tornare alla normalità”, specialmente .quando saranno sviluppati in tempi record e saltando anche alcune fasi di test (già discutibili) sulla sicurezza che la stessa OMS ha messo in dubbio a dicembre 2019 durante la 20°Global Vaccine Safety.

La corsa al vaccino a cui il Ministro fa riferimento è una corsa legata a un business sulla nostra salute che non possiamo accettare. Le case farmaceutiche fanno i loro interessi e se stanno investendo cifre ingenti nello sviluppo del vaccino sul coronavirus non è certo per beneficenza.

Di tutto abbiamo bisogno tranne di un Ministro della Repubblica che faccia il tifo da stadio per le case farmaceutiche. Siamo qui, vigili e attenti, nel ricordare che sulla pelle nostra e dei nostri figli NIENTE può essere obbligatorio.

GIU’ LE MANI DAI BAMBINI!

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NO ALLE SPERIMENTAZIONI ! NO AGLI OBBLIGHI!

Accogliamo e diffondiamo anche dalla nostra pagina le proteste di moltissime parti sociali dopo l’annuncio del Ministero della Salute dell’avvio a partire da fine Aprile dei “test accelerati del prototipo di vaccino anti Covid-19 su 550 volontari sani” e della presunta “disponibilità già da Settembre in modalità d’uso compassionevole per agenti delle forze dell’ordine e personale sanitario”.

Annuncio sul sito del Ministero della Salute

Il sindacato dei militari “apprende con preoccupazione la notizia” e ricorda che “negli atti delle numerosi Commissioni parlamentari di inchiesta sull’uranio impoverito […] è emerso, nei molti casi esaminati, che il mancato rispetto dei protocolli vaccinali sia stata la possibile causa, o concausa, dello sviluppo di patologie gravemente invalidanti o addirittura mortali”. Inoltre preannunciano che verranno impedite “sperimentazioni compassionevoli sul personale delle forze dell’ordine affinché non ci siano mai più casi di morti bianche tra i servitori dello Stato”

Sindacato dei militari

Dello stesso tenore il comunicato del SIM – Sindacato dei Carabinieri – che ricorda che “l’uso compassionevole, ovvero in fase di sperimentazione e privo della autorizzazione all’immissione in commercio di AIFA, non è riservato ai malati terminali”. La presa di posizione, che condividiamo, è molto netta su questa strategia del Ministero della Salute e sottolinea al Ministro Speranza che “non consentiranno MAI che i ragazzi migliori si immolino in nome delle lobby farmaceutiche”.

SIM Sindacato dei carabinieri

Sempre nell’ambito delle forze del’ordine anche il SAP, Sindacato Autonomo delle forze di polizia, ha inviato una lettera al Sig. Gabrielli (Capo della polizia e direttore generale della pubblica sicurezza) in cui si esprime “preoccupazione sui possibili esiti della sperimentazione” e si sottolinea come questo comunicato del ministero faccia apparire i membri del corpo della polizia come “una sorta di cavia da laboratorio destabilizzando il benessere psico-fisico degli operatori” in un periodo che “anche sotto l’aspetto scientifico ha comportato immense incertezze e criticità”.

SAP Sindacato Polizia

Prendiamo quindi atto che le solite motivazioni che esprimiamo noi genitori, nonni ma soprattutto CITTADINI sono condivise e sentite anche da alcune categorie di cittadini e lavoratori che hanno sentito il bisogno immediato di farsi sentire non appena il Ministero ha paventato sperimentazione e obbligo di vaccinazione a breve termine. Ricordiamo inoltre che nel 2017, in pieno caos da Decreto Lorenzin, si era pensato a estendere l’obbligo del vaccino MPR anche al personale sanitario e scolastico. Un emendamento proposto in commissione che non arrivò mai alla discussione in Parlamento per le forti polemiche che si alzarono dai rappresentanti di quelle categorie. Riproponiamo cosa dicevano alcuni rappresentanti sindacali in quel periodo:

Sindacato FLC,CGIL, CISL Scuola, UIL Scuola e SNALS CONFSAL: “Mentre è ancora in discussione l’approvazione del DL sui vaccini, apprendiamo che nella seduta notturna della Commissione sanità del Senato del 10 luglio è stato approvato l’emendamento n. 1.0.100 che prevede le vaccinazioni anche per il personale scolastico a partire dal 2019. Secondo questo emendamento le vaccinazioni obbligatorie riguardano anche gli adulti lavoratori. Ancora una volta si rischia solo di produrre appesantimenti burocratici che poco hanno a che vedere con la prevenzione e con la tutela della salute.

A parere di FLC-CGIL, CISL Scuola e UIL Scuola Rua e Snals Confsal, il provvedimento appare “inutile, costoso e con evidenti problemi di applicazione, a partire dalle modalità con le quali certificare che un lavoratore adulto ha già avuto malattie infantili e pertanto ne è immune.”

Le proteste dei rappresentanti personale scolastico

CGIL medici Emilia Romagna, CISL medici Emilia Romagna , CIMO in merito all’obbligo in Regione Puglia della vaccinazione MPRV: “Siamo stati i primi a dire che occorreva la vaccinazione degli operatori sanitari, ma non si può imporre. Viene meno l’autodeterminazione sancita dalla Costituzione” e ancora ” Non siamo contrari alle vaccinazioni, ma siamo contrari all’imposizione di direttive senza condivisione”

Sindacati dei militari, sindacati delle forze dell’ordine, sindacati del personale scolastico, sindacato dei medici e degli operatori sanitari: TUTTI contrari agli obblighi vaccinali, TUTTI contrari a sottoporsi a sperimentazione su imposizione.

Le preoccupazioni espresse sono le stesse che esprimono i movimenti per la libertà di scelta vaccinale.Noi siamo il SINDACATO DEI NOSTRI FIGLI e non acconsentiremo a misure IRRICEVIBILI come quelle paventate dal vice Ministro Sileri di introdurre, se e quando sarà disponibile, un obbligo per il vaccino anti coronavirus. Nessuno vuole obblighi, i fatti lo dimostrano e soprattutto,Vice Ministro Sileri, la garanzia di “efficacia e sicurezza del vaccino” non sarà mai possibile: la legge 210/1992 e i migliaia di indennizzi sui danni da vaccino lo hanno dimostrato ampiamente in questi anni.

Invitiamo tutti i rappresentanti delle categorie a unirsi contro sperimentazioni e obblighi indiscriminati!

GIU’ LE MANI DAI BAMBINI!

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Relazione Epidemiologica e Molecolare Tra la Produzione di vaccini e la Prevalenza dei Disturbi dello Spettro Autistico

Traduttori:  Claudio Andreini , Giuditta Fagnani

Testo: Relazione Epidemiologica e Molecolare Tra la Produzione di vaccini e la Prevalenza dei Disturbi dello Spettro Autistico.

Theresa A. Deisher, Ph.D.;* Ngoc V. Doan, B.S.;**

Kumiko Koyama, B.S.;*** Sarah Bwabye, B.S.****

Obiettivo: Valutare le conseguenze sulla salute pubblica dei vaccini prodotti  con linee cellulari  fetali che contengono frammenti residuali di DNA umano fetale utilizzando approcci di laboratorio ed ecologici tra cui statistiche, biologia molecolare e genomica. Continua a leggere

LA REVISIONE DI COCHRANE SUL VACCINO HPV ERA INCOMPLETA ED HA IGNORATO IMPORTANTI EVIDENZE DI ERRORE.

Traduzione a cura di Giuditta Fagnani del gruppo di traduzioni C.LI.VA

The Cochrane Hpv vaccine review -

Vaccino contro la varicella vivo attenuato (VARILRIX,VARIVAX)

VARILRIX Polvere e solvente per soluzione iniettabile per uso sottocutaneo Vaccino contro la varicella vivo attenuato ceppo OKA. Foglio Illustrativo e scheda tecnica.

VARIVAX, polvere e solvente per sospensione iniettabile [Vaccino della varicella (vivo)]. Foglio Illustrativo e scheda tecnica.

Continua a leggere

Vaccino vivo contro il rotavirus (Rotarix, Rotateq)

Rotarix polvere e solvente per sospensione orale .Vaccino vivo contro il rotavirus. Foglio illustrativo e scheda tecnica.

RotaTeq, soluzione orale Vaccino del rotavirus, vivo. Foglio illustrativo e scheda tecnica.

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