GREEN PASS – IN GAZZETTA UFFICIALE L’AVVERTIMENTO AL GOVERNO

 

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Forte, chiaro e ben circostanziato l’avvertimento del Garante privacy al Governo pubblicato lunedì 3 maggio in Gazzetta Ufficiale in merito al trattamento dei dati nelle “certificazioni verdi” introdotte con il DL52.

Un atto formale che evidenzia gli errori commessi dal Governo nell’introdurre per decreto un provvedimento che “non ha tenuto adeguatamente conto dei rischi che l’implementazione della misura determina per i diritti e le libertà degli interessati, e, quindi, non siano state adottate le misure tecniche e organizzative adeguate per attuare in modo efficace i principi di protezione dei dati”.

In particolare le osservazioni riguardano:

“Mancata consultazione del Garante”

Come riportato in Gazzetta:

“L’introduzione della certificazione verde determinando un trattamento sistematico di dati personali, anche relativi alla salute, su larga scala, presenta un rischio elevato per i diritti e le libertà degli interessati in relazione alle conseguenze che possono derivare alle persone con riferimento alla limitazione delle libertà personali”.

“Inidoneità della base giuridica”

Molto importante anche l’osservazione del Garante in merito alla base giuridica che ha introdotto questa “certificazione verde”, in particolare si sottolinea che “ il predetto decreto-legge non rappresenta una valida base giuridica per l’introduzione e l’utilizzo dei certificati verdi a livello nazionale in quanto risulta privo di alcuni degli elementi essenziali richiesti dal regolamento” e che “la mancata specificazione delle finalità per le quali possono essere utilizzate le predette certificazioni assume infatti particolare rilievo con riferimento alla possibilità che tali documenti possano successivamente essere ritenuti una condizione valida anche per l’accesso a luoghi pubblici o servizi o per l’instaurazione o l’individuazione delle modalità di svolgimento di rapporti giuridici, allo stato non espressamente indicati nel decreto-legge (es. in ambito lavorativo o scolastico)”.

Ricordiamo infatti che nel DL52 la certificazione verde viene ufficialmente introdotta solo per la mobilità fra regioni, ma le varie dichiarazioni di alcuni esponenti politici che legano questa certificazione verde anche ad utilizzi per accedere ad eventi o luoghi ha richiamato l’attenzione del Garante che chiede espressamente un confine ben preciso di applicazione.

“Principio di minimizzazione dei dati”

Altro richiamo del Garante è quello relativo ai troppi dati inseriti nella certificazione: “non è pertinente indicare sulla certificazione ulteriori informazioni e che non è necessario l’utilizzo di modelli di certificazioni verdi diversi a seconda della condizione (vaccinazione, guarigione, test negativo) in forza della quale le stesse sono rilasciate”.

“Principio di trasparenza”

Infine molto importante l’osservazione di violazione del decreto legge al principio di trasparenza “non indicando in modo chiaro le puntuali finalità perseguite, le caratteristiche del trattamento e i soggetti che possono trattare i dati raccolti in relazione all’emissione e al controllo delle certificazioni verdi“, “non specifica la titolarità dei trattamenti effettuati ai fini dell’emissione e del controllo delle predette certificazioni verdi e in particolare di quelli posti in essere attraverso la «Piattaforma Nazionale DGC» e, inoltre “l’assenza di indicazioni in ordine alla titolarità del trattamento non consente pertanto agli interessati di esercitare i diritti in materia di protezione dei dati personali previsti dal regolamento”.

Alla luce di tutto questo il Garante ritiene “urgente l’esigenza di intervenire al fine di tutelare i diritti e le libertà degli interessati”.

Ricordiamo che il garante aveva già espresso dubbi anche sull’obbligo vaccinale inserito con il DL44. In un’intervista alla Prof.ssa Feroni infatti che “non è stabilito, ad esempio, quali siano le categorie obbligate, i tempi di conservazione dei dati, le modalità con cui gli ordini professionali e i datori di lavoro debbano comunicare alle ASL gli elenchi degli interessati, le misure a garanzia degli interessati. Non sono definite neppure le misure a tutela della privacy di coloro che non possono vaccinarsi e i cui dati, per ovvie ragioni, sono ancora più sensibili. All’Autorità in tre settimane sono arrivati più di 1.500 reclami o segnalazioni.”

Una vera e propria bocciatura da parte del Garante su un provvedimento che limita fortemente i diritti dei cittadini. Una dimostrazione che il continuo gioco al rialzo della compressione dei diritti deve incontrarsi/scontrarsi con il piano della realtà e soprattutto del diritto. A volte le due cose non vanno molto d’accordo e il fatto che passino nel silenzio generale deve essere un monito per tutti quanti noi e un invito a non dare niente per scontato, mai!

Staff C.Li.Va. Toscana

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DOCUMENTO CONTRO IL “GREEN PASS”

Il C.Li.Va. ha inviato il seguente documento contenente le principali criticità o tradotte con il “Green pass” dal DL 52/2021.

Il provvedimento limita ulteriormente i diritti dei cittadini senza nessuna garanzia di efficacia.

 

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IL GOVERNO DEI MIGLIORI!

 

In Italia abbiamo la bellissima abitudine di dare un soprannome a tutto, per facilitare la comunicazione sui giornali per esempio il Governo Draghi attualmente in carica è stato soprannominato “il governo dei migliori”. E noi saremmo felici se ai soprannomi dati sulla fiducia seguissero anche fatti concreti a conferma del nome attribuito. Ma ci riesce davvero difficile definire “migliore” un Governo che, dopo aver introdotto per decreto legge l’obbligo vaccinale anti Covid19 per il personale sanitario, ne emana uno nuovo che limita la libertà personale in modo ingiusto e inutile. All’articolo 9 del decreto “riaperture” (1) (a proposito di nomi di fantasia e privi di corrispondenza pratica) infatti il Governo ha appena istituito le “certificazioni verdi Covid-19” (2) segnando nuovi sbarramenti alla libera circolazione delle persone.

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CONTROLLO DI MASSA? NO, GRAZIE!

Controllo facciale attraverso una serie di telecamere piazzate in una certa zona geografica proposto dal Ministero dell’interno?

Il Garante della Privacy ha detto NO!

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I nostri eroi

Aprile 2020: Coronavirus, i nuovi eroi d’Europa. I leader di tutto il mondo sono arrivati in ritardo di almeno un mese sull’epidemia. Ma medici, anestesisti, operatori sanitari, in Italia e altrove, hanno fatto la loro parte con grande spirito di sacrificio. Loro non hanno tempo per essere in ritardo, per i dibattiti politici, per valutare i sondaggi. Sono loro gli eroi.

Un anno fa così titolava La Repubblica in un articolo in cui si accusava la politica di non aver gestito correttamente l’inizio della pandemia e si dava il titolo di eroi ai medici e a tutti gli operatori sanitari che con il loro sacrificio provavano a salvare più vite umane possibile. Erano anche i giorni in cui i nostri politici invece di rimboccarsi le maniche, e fare mea culpa per aver distrutto la sanità nel corso degli anni, non perdevano tempo per andare sui giornali a dire che “i novax sono scomparsi in Italia” mentre il governo si prodigava a colpi di DPCM e chiusure di parchi e panchine nei giardini pubblici.

Un anno dopo il nuovo Governo Draghi introduce per decreto legge l’obbligo vaccinale per “gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attivita’ nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali,pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza” (4)

Per chi non adempie all’obbligo vaccinale la sospensione avviene, in un tempo molto ristretto stabilito dal decreto, mediante comunicazione dell’ordine professionale al diretto interessato. Una volta ricevuta la sospensione il datore di lavoro “adibisce il lavoratore ove possibile a mansioni anche inferiori con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate. Se non possibile per il periodo di sospensione non è dovuta la retribuzione”. Nel comma 9 dell’articolo 4 viene anche inserito il termine massimo della durata della sospensione: assolvimento dell’obbligo vaccinale, completamento del piano vaccinale nazionale o comunque non oltre il 31 Dicembre 2021.

E’ ipotizzabile quindi che trascorse poche settimane dovute alla burocrazia inserita nel decreto chi non avrà un certificato di omissione o differimento alla vaccinazione venga spostato di mansione o, nel caso peggiore, sospeso senza retribuzione.

Ci ritroviamo quindi, un anno esatto dopo, a sospendere lo stipendio e a privarsi della professionalità di decine di migliaia di operatori sanitari che 12 mesi fa erano definiti eroi. Uno schiaffo della politica incapace di gestire i cittadini che ci è già costato tragedie sociali ed economiche in questo anno. Gli eroi di un anno fa oggi sono considerati pericolosi tali da doverli sospendere dal lavoro, una vergogna che non può essere accettata silenziosamente.

Come comitato invitiamo tutti a due riflessioni:

1) Evitiamo le solite divisioni di categoria. Come sostenevamo già nel 2017 tutti i cittadini avrebbero dovuto combattere l’obbligo vaccinale imposto dalla legge Lorenzin. Era evidente a tutti noi che quello fosse solo una prova generale di una compressione generale dei diritti dei cittadini. Per costruire quella legge discriminatoria furono inventate alcune assurdità tali da giustificare uno degli obblighi più estesi e forti di tutto il mondo: l’immunità di gregge (pur obbligando a vaccini che non possono crearla), con quel 95% di copertura usato a piacimento da politici e influencer da salotto televisivo, e la tutela della salute collettiva per un crollo della copertura vaccinale mai verificato da dati reali. Oggi viene imposto un obbligo vaccinale su un vaccino che non impedisce il contagio e la cui efficacia è in alcuni casi solo del 60% sul virus originale e non nota per le varianti già circolanti o future. Un obbligo che conferma che lo scetticismo su questo vaccino è molto alto, anche da parte della stessa categoria sanitaria e che rischia seriamente di far venire meno per un periodo della professionalità di medici e professionisti che curano ogni giorno migliaia di pazienti. Anche se non fate parte di questa categoria non ignorate questo segnale violento lanciato dalla politica, potrebbe toccare a tutti noi sia direttamente (con estensione ad altri lavoratori in un futuro non troppo remoto) che indirettamente (privandoci della possibilità di essere curati da chi vogliamo con conseguenze disastrose).

2) Il ricatto. Il termine obbligo vaccinale anche per questa legge è improprio. Si tratta di un vero e proprio ricatto. Ci saranno come al solito persone che potranno non vaccinarsi perchè lavorano in strutture che permettono un riallocamento oppure che possono permettersi di stare qualche mese senza retribuzione mentre, per altri, la strada sarà difficile. L’ennesima legge discriminatoria e che vede coinvolte di fatto TUTTE le forze politiche visto che il governo è sostenuto praticamente da tutti i partiti politici. L’ennesima conferma che anche quei partiti che in campagna elettorale si professavano contro gli obblighi vaccinali sono, alla prova dei fatti, venuti meno alle loro promesse. L’ennesimo schiaffo ai cittadini, dopo 12 mesi di politica economica DISASTROSA e con danni sociali ed emotivi incalcolabili.

Non abbiamo ricette magiche nè possiamo proporre azioni miracolose, non è nel nostro stile e nel nostro modo di combattere questi obblighi. Nelle prossime settimane proveremo ad aiutare tutti coloro che ne avranno bisogno al massimo delle nostre capacità. L’invito a tutti coloro che rientrano da oggi in questo nuovo obbligo è di provare a mantenere la calma, fare resistenza in tutti i modi possibili e a dare un segnale forte a politica e istituzioni sanitarie che anche se violentati e privati dei diritti fondamentali di cittadini, oltre che di professionisti, non ci arrenderemo.

Staff C.Li.Va. Toscana

PIU’ CHIARO DI COSI’….

Il vaccino AstraZeneca cambia nome e da oggi si chiamerà “Vaxzevria”. In gergo si chiama “rebranding” e nei manuali di marketing questa azione viene consigliata quando un marchio ha “bad reputation” ovvero “quando un’azienda sbaglia tutta una serie di mosse di marketing, di gestione, di produzione o si ritrova immischiata in brutte faccende. In questi casi molto spesso è bene fare un bel cambiamento, un bel rebranding”.

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IL LIVELLO DEL GIORNALISMO ITALIANO

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IL LIVELLO DEL GIORNALISMO ITALIANO

Pochi giorni fa, durante la trasmissione di Rai 1 “porta a porta”, il Ministro delle infrastrutture Giovannini ha dichiarato che i vaccini anti Covid19 non impediscono il contagio ad altre persone (1). Grande stupore da parte di Bruno Vespa che, giustamente, si è chiesto quindi a che serve questa massiccia campagna vaccinale spinta dalla politica.

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MI VACCINO PER TORNARE ALLA NORMALITA’

Una delle frasi che più sentiamo dire da chi è poco informato sui vaccini Covid19 è che ci si vaccina per “tornare alla normalità”. Un pensiero spinto a gran voce dai media e dai politici italiani per sostenere una campagna vaccinale che, da subito, ha visto molto scetticismo per i tempi abbreviati di sviluppo e test dei vari vaccini messi a disposizione dalle case farmaceutiche.

Probabilmente i mesi di lockdown, la grave crisi economica causata dalle strategie del governo e il disagio sociale che si è creato in questi mesi durissimi sono serviti a giustificare “il sacrificio” di milioni di italiani che dovranno sottoporsi a vaccinazione per permetterci di tornare alla normalità. Ma è davvero così? Chi si sta sottoponendo oggi alla vaccinazione può aspirare al ritorno alla normalità? A giudicare dal documento rilasciato ieri da Ministero della salute, INAIL, Istituto superiore di sanità e AIFA sembra proprio di no.

Andiamo ad analizzare brevemente le norme di comportamento che vengono indicate per chi si è sottoposto a vaccinazione completando il ciclo vaccinale richiesto e l’efficacia protettiva garantita dai vaccini:

  • Efficacia sulle varianti: ridotta o bassa

“Studi preliminari in vitro condotti sulla risposta immunologica (umorale e cellulare) evocata dai due vaccini a mRNA, BioNtech/Pfizer e Moderna, hanno evidenziato una ridotta attività neutralizzante da parte del siero dei soggetti vaccinati nei confronti della variante sud-africana e della variante brasiliana. Inoltre, secondo uno studio in preprint, l’efficacia del vaccino AstraZeneca risulterebbe bassa per prevenire forme di malattia di grado lieve o moderato nel contesto epidemico sud-africano, a dimostrare la capacità della variante di eludere parzialmente la risposta immunitaria evocata dal vaccino”

Quindi, al momento, non è nota la capacità di protezione indotta dai tre vaccini disponibili sulle varianti circolanti in Italia. E considerando che le varianti vengono scoperte nel tempo non si potrà sapere come si comporterà il vaccino con le nuove mutazioni che ci potremo aspettare nei prossimi mesi.

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  • Contagio verso gli altri: possibile

“È noto che i vaccini anti-COVID-19 riducono significativamente la probabilità di sviluppare la malattia clinicamente sintomatica. D’altro canto, si ribadisce che nessun vaccino anti-COVID-19 conferisce un livello di protezione del 100%, la durata della protezione vaccinale non è ancora stata stabilita, la risposta protettiva al vaccino può variare da individuo a individuo e, al momento, non è noto se i vaccini impediscano completamente la trasmissione di SARS-CoV-2 (infezioni asintomatiche). Quindi, seppur diminuito, non è possibile al momento escludere un rischio di contagio anche in coloro che sono stati vaccinati. Questo è coerente con quanto ribadito dall’ECDC che riporta come, al momento, non vi siano prove sufficienti dell’effetto della vaccinazione sull’infezione asintomatica, e, quindi, sulla possibilità di trasmissione del virus da parte di soggetti vaccinati. Pertanto, i lavoratori/operatori sanitari nonostante siano stati sottoposti a vaccinazione devono essere considerati potenzialmente in grado di infettarsi con SARSCoV-2 e di trasmettere il virus ad altri”

Pertanto chi si sta vaccinando con scetticismo per un “gesto di altruismo”, per “senso civico” o per “proteggere i più deboli” dovrebbe sapere che al momento la vaccinazione non consente di eliminare le disposizioni su uso DPI e distanziamento fisico in quanto, anche sviluppando l’immunità, non è esclusa la possibilità di infettare gli altri. Al momento, riassumendo, la vaccinazione è quindi una pura protezione individuale.

  • In caso di contatto con un positivo posso evitare tampone e quarantena: FALSO

“La vaccinazione anti-COVID-19 è efficace nella prevenzione della malattia sintomatica, ma la protezione non raggiunge mai il 100%. Inoltre, non è ancora noto se le persone vaccinate possano comunque acquisire l’infezione da SARS-CoV-2 ed eventualmente trasmetterla ad altri soggetti ”

“A prescindere dal tipo di vaccino ricevuto, dal numero di dosi e dal tempo intercorso dalla vaccinazione, in generale, la persona vaccinata considerata “contatto stretto” deve osservare, purché sempre asintomatica, un periodo di quarantena di 10 giorni dall’ultima esposizione con un test antigenico o molecolare negativo effettuato in decima giornata o di 14 giorni dall’ultima esposizione al caso”

Anche questa speranza viene infranta dal documento: vaccinarci non ci permette di eludere i tamponi necessari in caso di identificazione come contatto stretto di un soggetto positivo. Le motivazioni sono nuovamente la non efficacia al 100% e l’impossibilità di sapere se un soggetto vaccinato asintomatico possa comunque spargere l’infezione agli altri.

  • Se sul posto di lavoro ci siamo vaccinati tutti possiamo non fare più screening massivi: FALSO

“Alla luce delle conoscenze acquisite, non si ritiene, al momento, di dovere modificare i programmi di screening dell’infezione da SARS-CoV-2 in atto per gli operatori sanitari mantenendo inalterata la frequenza dei test.”

In alcuni luoghi di lavoro la vaccinazione di tutto il personale è già stata completata, ma anche in questo caso eventuali protocolli di sicurezza che prevedono screening periodici a tutti i dipendenti vengono confermati anche se tutti i dipendenti si sono vaccinati. Pertanto la vaccinazione non ci permette di evitare questa pratica inclusa in alcuni protocolli di sicurezza sul lavoro.

In definitiva sembra davvero lontano quel messaggio dato dai media che lega la vaccinazione al ritorno alla normalità. Al di la degli slogan i documenti ufficiali non pongono nessuna differenza fra i soggetti vaccinati e quelli non vaccinati nei comportamenti, nel rischio di contagio e negli esami a cui sottoporsi nei vari protocolli di sicurezza.

Anche per questo vaccino, ma per chi segue la tematica della libertà vaccinale come noi da anni era già noto, la decisione di sottoporsi o meno a vaccinazione DEVE rimanere una scelta assolutamente personale, e tutte le fantasiose teorie giornalistiche e convincimenti che si basano sull’emotività della situazione e sul pensare che “vaccinandoci proteggeremo i più deboli” non trovano nessuna conferma nei documenti ufficiali.

Invitiamo tutti coloro che saranno chiamati a vaccinazione a decidere se aderire o meno all’invito, senza farsi influenzare da informazioni non corrette e da fake news spacciate per verità solo perché gridate ad alta voce su giornali e TV quotidianamente.

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ABBIAMO UN PROBLEMA, UN GRANDE PROBLEMA

Proprio nel giorno in cui AIFA ha pubblicato il 2° rapporto sulla sorveglianza dei vaccini COVID19 (1), con i media italiani che titolano in prima pagina “i vaccini sono sicuri ed efficaci, poche e risolvibili le reazioni avverse” (2), titoli trionfalistici volti a spingere ancora di più l’acceleratore sulla campagna di vaccinazione e a spegnere qualsiasi dubbio o diffidenza fra la popolazione, abbiamo la conferma di quanto già noto da anni: la farmacovigilanza  e la sua efficienza sono un problema.

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LOCKDOWN INUTILE: LO DICE L’UNIVERSITÀ DI STANFORD.

 

Riportato anche da un articolo de “La Repubblica” pubblichiamo qui la traduzione dell’abstract dello studio:

https://www.researchgate.net/publication/348270406_Assessing_Mandatory_Stay-at-Home_and_Business_Closure_Effects_on_the_Spread_of_COVID-19

Abstract

Contesto ed obiettivi:

Gli interventi non farmacologici più restrittivi (NPIs, non pharmaceutical interventions) per contenere la diffusione del COVID-19 sono la chiusura delle attivita’ e le misure di isolamento/ordini di rimanere in casa. Date le consequenze di questo tipo di [scelte] politiche, e’ importante valutarne i relativi effetti. Analizziamo [qui] gli effetti delle misure più restrittive (mrNPIs) sulla crescita dei casi epidemici ben oltre quelli delle misure meno restrittive (IrNPIs).

Metodi:

Prima di tutto valutiamo la crescita dei casi di COVID-19 in relazione ad ogni attuazione di interventi non farmacologichi restrittivi in zone subregionali di 10 paesi: Inghilterra, Francia, Germania, Iran, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Sud Corea, Svezia e Stati Uniti. Usando modelli differenziali con effetti prefissati, isoliamo gli effetti delle misure piu restrittive (mrNPIs) sottraendo gli effetti combinati delle misure meno restrittive (IrNPIs) e delle dinamiche epidemiche dal totale di tutte le misure restrittive. Usiamo la crescita dei casi in Svezia e Sud Corea, 2 paesi che non hanno attuato gli obblighi di isolamento/rimanere in casa e la chiusura delle attivita’, come paesi di paragone per gli altri 8 paesi (16 comparazioni in totale).

Risultati:

L’attuazione di ogni NPIs (intervento restrittivo non farmacologico) risultava associato ad una significativa riduzione della crescita dei casi in 9 su 10 paesi di studio, compresi Sud Corea e Svezia che hanno attuato solo IrNPIs (interventi non farmacologici meno restrittivi). La Spagna non ha riportato effetti significativi. Dopo aver sottratto gli effetti epidemici e IrNPIs, non riscontriamo chiari e significativi effetti benefici di mrNPIs (interventi non farmacologici piu restrittivi) sulla crescita dei casi in alcun Paese. In Francia per esempio l’effetto di mrNPIs era del +7% (95% CI:-5-19%) paragonato alla Svezia e del+13% (-12%-38%) paragonato al Sud Corea (positivo significa in favore del contagio).

Il 95% dell’ intervallo di confidenza escludeva il calo del 30% in tutti i 16 paragoni ed il calo del 15% in 11 su 16 paragoni.

Conclusioni:

Mentre non possono escludersi benefici ridotti, non troviamo benefici significativi sulla crescita dei casi [in presenza] degli interventi più restrittivi. Una riduzione simile sulla crescita dei casi può essere raggiunta con interventi meno restrittivi.